Catania. Finalmente dopo quattro anni la grande inchiesta della Procura e dei Ros è uscita alla luce, fuori dal prolungato silenzio degli Uffici giudiziari. Per dare un'idea, il rapporto dei Ros era di 5000 pagine, quello della Procura di oltre 1200. L 'hanno chiamata «Operazione Iblis», che in arabo vuol dire diavolo. Oggi i carabinieri sono anche poliglotti.
«Non è stata una indagine mirata esclusivamente o prevalentemente alla politica, o verso qualche politico in particolare. Ogni riferimento riguardante il presidente Lombardo e risultante dalle indagini è stato oggetto di attenta valutazione, specie con riguardo alla sua valenza sul piano probatorio e alle sue capacità di resistenza alle critiche difensive, non ritenendone, allo stato, la idoneità per adottare alcuna iniziativa processuale nei suoi confronti». Le parole del procuratore capo della Repubblica di Catania, Vincenzo D'Agata, dicono in pratica che attualmente non ci sono elementi per poter validamente procedere nei confronti del presidente Lombardo. Il che rappresenta indubbiamente un sollievo per il presidente della Regione, che sembrerebbe uscir fuori dall'incubo e può governare senza la spada di Damocle sopra la testa.
Ricorderete quando nel maggio scorso un giornale diede la notizia di un prossimo arresto di Raffaele Lombardo per concorso in associazione mafiosa. In quei momenti stava per cadere il governo regionale, momenti delicatissimi nella fase in cui il Pd stava per decidere l'appoggio a Lombardo. Non ci fu la caduta del governo regionale perché tempestivamente il procuratore D'Agata smentì perentoriamente la notizia secondo cui era stato firmato un ordine di arresto dicendo che «si trattava di una speculazione politica». Anche per il fratello del presidente, l'on. Angelo Lombardo dell'Mpa, non è stata presa alcuna iniziativa giudiziaria.
Poi il percorso accidentato di Lombardo è proseguito con le sue dichiarazioni spontanee in Procura, la sua perplessità per non avere ricevuto nessun avviso di garanzia. E proprio l'altro giorno ha detto, come se già sapesse qualcosa: «Perché Cuffaro e Cimino hanno ricevuto un regolare avviso di garanzia e io no? Volete vedere che su di me non c'è proprio nulla?».
Il presidente della Regione a questo punto potrebbe uscire di scena. Ed è un bene anche per il prosieguo dell'inchiesta l'aver rimosso la posizione di Lombardo che aveva appesantito notevolmente le indagini, tanto che, ha ricordato il procuratore D'Agata, si parlava «solo dell'indagine Lombardo», mentre essa era ben più ampia e articolata riguardante le ramificate connessioni della mafia catanese, «più progredita delle altre sul versante economico», che faceva da intermediaria tra le imprese e la politica, condizionando appalti e in genere tutti gli investimenti produttivi su cui poteva mettere le mani.
Ma Lombardo come è entrato nell'inchiesta? C'era il sospetto che, in base alle dichiarazioni di alcuni pentiti, avesse favorito qualche impresa mafiosa, anche per il solo fatto che sia catanese e che abbia a Catania la sua base politica, ma alla resa dei conti gli inquirenti si sono accorti che non c'era alcuna prova di un'eventuale compromissione del governatore, che anzi aveva bloccato e denunciato le speculazioni relative ai termovalorizzatori. C'erano delle registrazioni in cui i boss parlavano di iniziative importanti «tanto sappiamo a chi rivolgerci», e questo poteva far supporre che i mafiosi pensavano di poter contare sull'appoggio di Lombardo. Ma in una seconda fase gli stessi boss si lamentavano che del fatto che «quello str... di Lombardo» non rispondesse al telefono. Dunque non c'era alcun possibile riscontro ai sospetti di eventuali collusioni. «La valenza probatoria di alcuni elementi - ha concluso il procuratore - non erano sufficienti per procedere a carico di Lombardo. L'indagine prosegue fino alla sua conclusione», anche perché ora bisognerà interrogare i 48 arrestati. Ma allora Lombardo è ancora indagato? «Lo avete detto voi».
Il caso Lombardo è stato quello che ha fatto perdere più tempo ai pm. Se non ci fosse stato l'inchiesta poteva essere conclusa molti mesi prima e non avrebbe prodotto inevitabili fibrillazioni politiche. Non è neanche un mistero per nessuno che ci sono state tensioni in Procura perché certe evenienze potevano essere viste in modo diverso, ma D'Agata ha detto che «pur nel legittimo confronto delle opinioni, la Procura è stata unita nelle decisioni». Almeno quelle finali.
TONY ZERMO
04/11/2010
«Non è stata una indagine mirata esclusivamente o prevalentemente alla politica, o verso qualche politico in particolare. Ogni riferimento riguardante il presidente Lombardo e risultante dalle indagini è stato oggetto di attenta valutazione, specie con riguardo alla sua valenza sul piano probatorio e alle sue capacità di resistenza alle critiche difensive, non ritenendone, allo stato, la idoneità per adottare alcuna iniziativa processuale nei suoi confronti». Le parole del procuratore capo della Repubblica di Catania, Vincenzo D'Agata, dicono in pratica che attualmente non ci sono elementi per poter validamente procedere nei confronti del presidente Lombardo. Il che rappresenta indubbiamente un sollievo per il presidente della Regione, che sembrerebbe uscir fuori dall'incubo e può governare senza la spada di Damocle sopra la testa.
Ricorderete quando nel maggio scorso un giornale diede la notizia di un prossimo arresto di Raffaele Lombardo per concorso in associazione mafiosa. In quei momenti stava per cadere il governo regionale, momenti delicatissimi nella fase in cui il Pd stava per decidere l'appoggio a Lombardo. Non ci fu la caduta del governo regionale perché tempestivamente il procuratore D'Agata smentì perentoriamente la notizia secondo cui era stato firmato un ordine di arresto dicendo che «si trattava di una speculazione politica». Anche per il fratello del presidente, l'on. Angelo Lombardo dell'Mpa, non è stata presa alcuna iniziativa giudiziaria.
Poi il percorso accidentato di Lombardo è proseguito con le sue dichiarazioni spontanee in Procura, la sua perplessità per non avere ricevuto nessun avviso di garanzia. E proprio l'altro giorno ha detto, come se già sapesse qualcosa: «Perché Cuffaro e Cimino hanno ricevuto un regolare avviso di garanzia e io no? Volete vedere che su di me non c'è proprio nulla?».
Il presidente della Regione a questo punto potrebbe uscire di scena. Ed è un bene anche per il prosieguo dell'inchiesta l'aver rimosso la posizione di Lombardo che aveva appesantito notevolmente le indagini, tanto che, ha ricordato il procuratore D'Agata, si parlava «solo dell'indagine Lombardo», mentre essa era ben più ampia e articolata riguardante le ramificate connessioni della mafia catanese, «più progredita delle altre sul versante economico», che faceva da intermediaria tra le imprese e la politica, condizionando appalti e in genere tutti gli investimenti produttivi su cui poteva mettere le mani.
Ma Lombardo come è entrato nell'inchiesta? C'era il sospetto che, in base alle dichiarazioni di alcuni pentiti, avesse favorito qualche impresa mafiosa, anche per il solo fatto che sia catanese e che abbia a Catania la sua base politica, ma alla resa dei conti gli inquirenti si sono accorti che non c'era alcuna prova di un'eventuale compromissione del governatore, che anzi aveva bloccato e denunciato le speculazioni relative ai termovalorizzatori. C'erano delle registrazioni in cui i boss parlavano di iniziative importanti «tanto sappiamo a chi rivolgerci», e questo poteva far supporre che i mafiosi pensavano di poter contare sull'appoggio di Lombardo. Ma in una seconda fase gli stessi boss si lamentavano che del fatto che «quello str... di Lombardo» non rispondesse al telefono. Dunque non c'era alcun possibile riscontro ai sospetti di eventuali collusioni. «La valenza probatoria di alcuni elementi - ha concluso il procuratore - non erano sufficienti per procedere a carico di Lombardo. L'indagine prosegue fino alla sua conclusione», anche perché ora bisognerà interrogare i 48 arrestati. Ma allora Lombardo è ancora indagato? «Lo avete detto voi».
Il caso Lombardo è stato quello che ha fatto perdere più tempo ai pm. Se non ci fosse stato l'inchiesta poteva essere conclusa molti mesi prima e non avrebbe prodotto inevitabili fibrillazioni politiche. Non è neanche un mistero per nessuno che ci sono state tensioni in Procura perché certe evenienze potevano essere viste in modo diverso, ma D'Agata ha detto che «pur nel legittimo confronto delle opinioni, la Procura è stata unita nelle decisioni». Almeno quelle finali.
TONY ZERMO
04/11/2010
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